LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE CON IL TUO CORPO"
aggiornata il 21 novembre 2007

 

 

Caduta gravi

Vieni da "sapere del corpo" o da "riforma dell'intelletto"

Sei in "corpi, affetti, topologia"

Divagazione personale.

Mi ritengo un allievo ben riuscito di Lacan. Infatti, ho imparato da Lacan a tradire Lacan. Tradendolo sono riuscito – questo sito lo dimostra – a rendere fecondo il suo insegnamento, al di là dei limiti fenomenologici che lui stesso si è dati. Ho reso meno filosofico e più scientifico il suo impianto dottrinario. C'è una lezione del maestro che non dimenticherò mai. La riporto con le sue parole:

"S’il y a quelque chose dans ce que je vous enseigne ici, c’est ceci – je vous prie, chacun de vous, à l’intérieur de votre propre recherche de la vérité, de renoncer radicalement – ne sérait-ce qu’à titre provisoire pour voir si on ne gagne pas à s’en passer – à utiliser une opposition comme celle de l’affectif et de l’intellectuel." (J. Lacan, Le Séminaire. Livre I, Les écrits techniques de Freud (1953-1954), Seuil, Paris 1975, p. 302.

Naturalmente alla base della mia ricezione dell'insegnamento di Lacan c'è Spinoza. Per Spinoza non esiste contrapposizione tra intellettuale e affettivo. Tra i due esiste continuità esattamente come esiste continuità epistemica tra vero e falso, nel senso che il vero è bene argomentato, mentre il falso lo è meno e resta allo stadio di congettura. L'affettivo è falso rispetto all'intellettuale nel senso che è meno vero, ossia meno dimostrabile per via concettuale, ma ciò non toglie che sia della stessa "sostanza" - la parola è di Spinoza - dell'intellettuale. In questo senso l'affettivo non è ineffabile, ma ha lo stesso valore soggettivo dell'intellettuale, che ineffabile non è. La differenza tra intellettuale e affettivo è che l'intellettuale guarda alla mente, l'affettivo guarda al corpo. Ma entrambi sono orientati all'azione, quindi all'etica.

Ho assimilato bene la lezione di Lacan?

Fine della divagazione personale.

*

Cos'è un corpo?

Dal punto di vista fisico-geometrico un corpo è un oggetto tridimensionale generato dal trasporto parallelo di una superficie, così come una superficie è un oggetto bidimensionale generato dal trasporto parallelo di una linea e la linea è un oggetto monodimensionale generato dal movimento di un punto.

Questa definizione può servire alla psicanalisi?

In parte sì. Le nozioni di movimento interno e di trasporto possono contribuire a meglio definire i concetti di affetto e di transfert, nel senso di trasporto affettivo.

Dal punto di vista biologico un corpo è un organismo, cioè un insieme di parti che scambia energia e materia con l'ambiente e si riproduce, per lo più per via asessuata.

Questa definizione può sevire alla psicanalisi?

In parte sì. Le nozioni di scambio e di riproduzione sono alla base dei rapporti libidici e dei fenomeni legati alla finitudine, come la ripetizione.

Dal punto di vista sociologico un corpo è un'istituzione che prende decisioni.

Questa definizione può servire alla psicanalisi?

In parte sì, nella misura in cui la psicanalisi concerne la decisione etica e non esiste etica che non sia, in linea di principio, collettiva.

I suggerimenti che derivano dalle scienze vicine alla psicanalisi si possono condensare in una definizione specificamente psicanalitica:

il corpo è un luogo di affetti.

Ho già parlato del corpo come luogo del falso in Il corpo pensante. L'attuale definizione spinoziana ha il vantaggio di essere positiva. Il corpo è mosso da qualcosa che lo agita al suo interno. E' qualcosa di inconscio, che la mente non sa bene o non sa ancora - quindi è falso - che predispone il corpo all'azione. Si chiama affetto.

Il corpo è mosso da affetti.

Sto tornando alla teoria freudiana delle pulsioni?

Credo di no, perchè il movimento affettivo non è finalizzato, per esempio alla soddisfazione sessuale. In generale, si tratta di un movimento caotico, oscillante tra varie rappresentazioni, un po' come il moto browniano. E' certo, però, che sto salvando un termine freudiano: Affekt, che in tedesco ha un'altra rilevanza rispetto all'italiano, riprendendolo dal latino di Spinoza, affectus. L'affetto spinoza-freudiano ha poco a che fare con il sentimento, e molto a che fare con l'eccitazione, in particolare sessuale, che affetta il corpo.

Qui bisogna fare attenzione, perchè dove c'è movimento è in agguato il finalismo. Per il senso comune, infatti, è difficile pensare un movimento senza meta. Eppure di questo si tratta in fisica, dove si danno moti inerziali senza causa efficiente (senza motore) e senza causa finale (senza meta prestabilita). In fisica, ok, ma in psicanalisi?

Ebbene, qui vorrei mostrare come, grazie alla topologia, sia possibile concepire un "tendere a" che non sia finalistico. Se il modo di vedere topologico facesse il suo ingresso in psicanalisi, potremmo fare del tutto a meno della teoria finalistica delle pulsioni che "tendono a" (auto)soddisfarsi. Sarebbe la vera riforma dell'intelletto psicanalitico.

*

Non posso imbastire qui una lezione di topologia, per cui rimando alle lezioni di Asciano (sapere dello spazio). Posso però dire che la nozione di "limite" è centrale in topologia, dove serve a chiarire la nozione di continuità, che non altera i rapporti di vicinanza con i limiti, e di equivalenza topologica (omeomorfismo, che conserva tutti i punti limite).

Di cosa sto parlando?

Sto parlando di spazi topologici, dove si danno punti di accumulazione (o punti derivati o punti limite) di insiemi e limiti di successioni o di filtri (non entro in maggiori dettagli). Le definizione di punto limite o di limite non sono assolute. Dipendono dal tipo di spazio topologico e dal modo in cui in esso è definita è la struttura topologica. Nelle lezioni di Asciano definirò le strutture topologiche attraverso le famiglie caratteristiche, formate da certi insiemi privilegiati, detti aperti dello spazio topologico. L'unica restrizione imposta al discorso che segue è che gli spazi topologici in questione siano infiniti. (E' la restrizione, se così si vuole chiamarla, della modernità).

Si dice che un punto x dello spazio topologico E è un punto di accumulazione (o punto limite o punto derivato) per l'insieme P se ogni aperto che contiene x contiene un punto di P diverso da x.

Si dice che un punto x dello spazio topologico E è limite per la successione (filtro) F se ogni aperto che contiene x contiene tutti i punti della successione, esclusi al più un numero finito.

(E' chiaro che il limite di una successione è anche un suo punto limite).

La sottigliezza da non lasciarsi sfuggire è che punti limite e limiti non sono necessariamente punti di un insieme o di una successione, ma sono punti limite e limiti per un insieme o per una successione. Punti limite e limiti non appartengono necessariamente all'insieme o alla successione, ma sono vicini quanto si vuole ad essi, pur non appartenendo loro. Si dice che i punti della successione "tendono al limite", se il limite esiste.

Un esempio dovrebbe aiutare a comprendere la sottigliezza. La successione di numeri razionali 1, 3/2, 7/5, 17/12, 41/29, 99/70, 239/169..,. ottenuta sviluppando come frazione continua (ometto i dettagli del calcolo ma do il riferimento) la radice dell'equazione xx - 2 = 0 , "tende a" radice di 2, oscillando sempre meno sopra e sotto il valore limite. (I termini dispari sono sotto, i pari sopra il limite). Ma la radice di 2 non appartiene alla successione così costruita, perchè non è un numero razionale, come dimostrò Ippaso, allievo di Pitagora, poco prima di suicidarsi, disperato per aver inferto un colpo mortale al razionalismo logocentrico del maestro. Considerazioni attinenti al gesto di Ippaso, nonché una dimostrazione quasi fisica, addirittura corporea, dell'irrazionalità di radice di 2 le puoi travare alla pagina

Una dimostrazione origamica.

Tuttavia, la successione riportata, benché non contenga la radice di 2, converge abbastanza rapidamente, alla radice di 2, nel senso che le si avvicina quanto si vuole (da destra e da sinistra). Il termine tecnico per indicare questo fenomeno, con esclusione di ogni riferimento al finalismo, è "convergenza". Significa che il valore assoluto (cioè senza segno) della differenza tra il termine n-esimo della successione e la radice di 2 si assottiglia sempre più al crescere di n. Detto nei termini della definizione soprariportata, dato un intervallo aperto comunque piccolo, che contenga la radice di 2, esso contiene tutti i termini della successione, escluso al più un numero finito. In un certo senso, la successione riportata è tra le migliori, perchè fornisce buone approssimazioni di radice di 2 ad ogni passo. Per esempio è in generale migliore della successione delle cifre decimali di radice di 2: 1, 1.4, 1.41, 1.141, 1.4142, 1.41421, 1.414213...

(E' l'occasione buona per infilare nel discorso uno dei mie slogan preferiti: "il soggetto della scienza sa approssimare". Lo dico contro Alexander Koyré, epistemologo del positivismo, che vide nella scienza l'avvento del discorso della precisione. Non importa che il discorso della scienza sia preciso, nel senso quantitativo del termine. Importa che generi buone approssimazioni, le quali a loro volta generino buone approssimazioni. Il principio di verità della scienza è la fecondità epistemica, non l'adeguamento alla cosa. Analogo principio vale in psicanalisi.)

Ecco, allora, la definizione topologica di corpo:

un corpo è un insieme infinito dotato di punti limite.

E' ovviamente sottointeso che i limiti di un corpo possono appartenere a un altro corpo o addirittura a un oggetto, che non è un corpo. Il modello topologico di affetto, inteso in senso psicanalitico, prevede che i punti del corpo "tendano a" un limite. Ma il tendere topologico non è finalistico. In un certo senso molto metaforico il corpo si condensa vicino ai propri limiti (che possono essere non suoi!). L'affetto è questa condensazione topologica: la freudiana Verdichtung, trasferita dalla pura grammatica significante alla "geometria" (debole e non quantitativa) del corpo.

Insomma, il corpo è una buona - benché falsa - approssimazione a certi limiti.

Faccio un esempio alla portata degli psicanalisti. Il rapporto sessuale non esiste. Questo è un assioma della dottrina lacaniana e un teorema della mia teoria, secondo la quale il femminile è una classe propria, cioè una classe per cui non esiste la metaclasse che la contenga come elemento. Allora la coppia ordinata del rapporto sessuale (maschile, femminile) non esiste perché contraddittoria, in quanto il femminile non appartiene a nessun insieme. Ciononostante due corpi possono approssimare il rapporto sessuale. Basta che gli ementi dell'uno si addensino vicino ai punti limiti dell'altro e il gioco è fatto, cioè due divengono quasi uno. Su questa possibilità (o impossibilità) di approssimazione si giocano tutte le varianti odioamorose.

La teoria qui implicita va intesa come un'estensione (generalizzazione) della fase dello spcchio di Lacan. Tra un corpo, soggettivamente inteso, e il proprio limite (l'altro) si instaurano rapporti ben più complessi di quelli adombrati da Lacan nella sua rozza e poco chiara teoria che contrappone il simbolico (linguistico, Altro Grande) all'immaginario (speculare, altro piccolo). Soprattutto, in topologia decade il logocentrismo del verbo, che fa dell'Altro il luogo della parola. In topologia la parola è un elemento di una successione di parole che "tende a" un limite, nel senso precisato. Le parole del soggetto si addensano intorno a certi limiti corporei, che non appartengono necessariamente al corpo del soggetto e che il soggetto può sperimentare nel godimento e/o nell'angoscia, nell'amore e/o nell'odio.

(Cfr. la seconda teoria freudiana dell'angoscia come segnale. Ma anche la prima teoria dell'angoscia come ingorgo libidico trova un'eco nella mia teoria topologia della condensazione. Quanto poi all'amore e all'odio, coniugati con la volontà di ignoranza, ci sarebbe moltissimo da dire. Per ora lascio la parola ai romanzieri).

La concezione affettiva e topologica del corpo è molto vicina alla concezione deleuziana del corpo senza organi. Dal punto di vista topologico il corpo soggettivo è un insieme (infinito), polarizzato dalla presenza di punti limite di godimento o di angoscia, che in generale non gli appartengono.

Questa teoria ha lontani riferimenti alla teoria dell'unheimlich di Freud e del manque di Lacan, che si riassumono nel concetto antropomorfo di castrazione. Ciò che manca, perchè non appartiene al corpo - tipicamente il fallo della madre - è contemporaneamente familiare ed estraneo (unheimlich), modello e madre di tutte le successive angosce (di castrazione) e dei godimenti (fallici), che il soggetto sperimenterà nella sua vita.

Tutto ciò è detto molto alla garibaldina al solo scopo di far intravvedere come si possa indebolire la mentalità eziologica, in particolare finalistica, che affligge le teorie psicanalitiche e come si possa inaugurare un discorso scientifico anche in psicanalisi, partendo da suggestioni non mediche, puramente psicanalitiche.

Per esempio, il principio di verità come fecondità è strettamente freudiano, formulato da Freud in Costruzioni in analisi. Lo si può porre alla base di una teoria congetturale, che può essere formalizzata in tanti modi. Quello preferito in questo sito è la logica epistemica di stampo intuizionista. (Per maggiori dettagli vai alle pagine su Freud e sul sapere del tempo.)

***

Qualcuno si chiederà perché per illustrare questa pagina abbia scelto un particolare della caduta dei giganti, celebre affresco di Giulio Romano a Palazzo Tè di Mantova. La risposta è che gli artisti la sanno più lunga e soprattutto prima degli scienziati. Sanno anche meglio degli scienziati cavarsela con i padroni, cui spillano abilmente denari per le loro improduttive ricerche. (Lo scienziato, che non sa far godere, ottiene finanziamenti dal padrone solo per ricerche utili, caratterizzate da ricadute tecnologiche).

In questo affresco si vede come l'oggetto - i massi che cadono dal cielo - affetti i corpi dei giganti (= dei bambini. Per l'allegoria del contrappasso gli adulti sono piccoli e in alto, mentri i bambini sono grandi e in basso). I massi comprimono e deformano topologicamente (omotopicamente) in vario modo i corpi giganteschi. Direi quasi che l'allegoria di Giulio Romano è più scientifica della filosofia di Spinoza, che usa sì la nozione di affetto nel senso di azione di un corpo su un corpo - dove produce "affezioni", cioè idee inadeguate, sostanzialmente false - ma in modo ancora pesantemente connotato in senso eziologico, quindi religioso.

La causa serve a dimostrare l'esistenza di dio. Ogni causa è al fondo causa finale. Serve alla causa religiosa. Come fa notare Deleuze nelle sue lezioni del 1980-81, del concetto di causa Spinoza fa un uso parsimonioso ma decisivo. Tutto è causato direttamente da dio, che è addirittura causa di se stesso (causa sui). Spinoza elimina la gerarchia delle cause. L'eziologia spinoziana è appiattita sul piano di immanenza (inteso alla Deleuze). Questo aspetto dello spinozismo è da dimenticare. Meglio il manierismo di Giulio Romano (1499-1456), che precede Spinoza di un secolo (1632-1677).

A completare l'affresco, a Giulio Romano va aggiunta solo un po' di buona topologia. L'oggetto - qui il masso - non deforma il soggetto - qui al plurale, i giganti - solo dall'esterno, ma anche dall'interno. A patto di non "appiattire" l'interno e l'esterno nel "dentro" o "fuori" dell'intuizione ingenua (freudiana). Piuttosto il soggetto va concepito topologicamente come bordo che separa un dentro e un fuori che non gli appartengono. (Senza ricorrere alle "topologerie" dell'extimità o dell'enclave, inventate dai fenomenologi, da Lacan a Derrida). In ogni caso 7+ all'allievo di Raffaello per l'intuizione della pluralità soggettiva. Sotto il suo pennello la psicologia delle masse è diventata psicologia dei massi.

Domanda insensata. Chissà che il capolavoro del manierista non abbia ispirato a Galilei (1564-1642) la sua legge della caduta dei gravi (senza cause!). Siamo nel 1605 e Padova non è molto lontana da Mantova. Un paio di giorni a cavallo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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